« J’essaie de trouver le truc pour que le spectateur s’active et se retrouve face à lui-même, à ses choix. Mes objets, ces résidus de matérialité ne sont pas grand-chose. L’essentiel me semble résider dans le vide qu’entourent ces stimuli, dans l’espace vacant où le spectateur pénètre », postulait Jean-Damien Fleury dans un entretien avec Michel Ritter en 1977.
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